
Quali sono i limiti di prova posti a carico del contribuente, raggiunto da un accertamento sintetico ex articolo 38, D.P.R. n. 600/73, che intenda dimostrare al natura simulata di un atto pubblico?
A questa domanda ha risposto la Cassazione, la quale, con Ordinanza 22 giugno 2021, n. 17796, ha ricordato che la sottoscrizione di un atto pubblico (come, nella specie, la compravendita), contenente la dichiarazione di pagamento di una somma di denaro da parte del contribuente, può costituire elemento sulla cui base determinare induttivamente il reddito da quello posseduto.
Tuttavia il contribuente, gravato della prova contraria, può dedurre che i beni o gli importi contestati quali indici di capacità contributiva non siano effettivamente entrati nella sua disponibilità, in quanto derivanti da un atto simulato, che non ne implica la corrispondente e reale disponibilità economica o che il pagamento del prezzo non è avvenuto.
Pertanto, prosegue la Corte, in tal caso il contribuente puo` ricorrere anche a presunzioni, giacché i limiti di cui all'art. 1415 cod. civ. alla prova dell'accertamento della simulazione (relativa, nel caso di specie), che le parti del contratto simulato possono legittimamente fornire, non operano allorquando l'azione non sia volta ad ottenere la declaratoria di nullità di un atto o a far valere gli effetti di un atto dissimulato, ma a dimostrare, davanti al giudice tributario, come nella specie, l'inconsistenza del dato presunto e dunque l'infondatezza della pretesa fiscale, originata dalla constatazione di una capacità di spesa assunta come inesistente in ragione del mancato pagamento del prezzo a fronte dell'atto compravendita stipulato.