
L'art. 26, comma 2, D.P.R. n. 602/73 prevede la facoltà (non più obbligo) per l'agente della riscossione di notificare la cartella di pagamento - alla stregua di qualsiasi altro atto di sua competenza - mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata.
Tale facoltà - merita sottolineare sin da subito - è circoscritta all'invio degli atti destinati ai soggetti obbligati - ex lege - a dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata (imprese individuali, società e professionisti iscritti in albi o elenchi), e, del pari, a coloro i quali - pur non essendone obbligati - abbiano fatto esplicita richiesta al concessionario di ricevere le notificazioni in siffatta modalità.
Negli ultimi tempi, in relazione al tema che qui ci occupa, si è sviluppato un notevole, quanto - probabilmente - inaspettato, contenzioso in merito alla legittimità di un procedimento notificatorio di tal fatta, allorquando l'incaricato della riscossione pubblica utilizzi - per le anzidette finalità - un indirizzo di posta elettronica non "ufficiale", ovvero non presente nei pubblici registri istituiti dal Legislatore (per le pubbliche amministrazioni e per i gestori di pubblici servizi: IPA).
Scopo del presente approfondimento è, anche e soprattutto, quello di esaminare la querelle testé citata, al fine - giammai pleonastico - di riuscire a delineare quello che, allo stato attuale, rappresenta il summum iudicium in materia.
di Daniele Brancale - Tributarista in Potenza
La notifica della cartella esattoriale (id est: atto della riscossione) per il tramite della posta elettronica certificata trova ingresso nel nostro...