
L'Amministrazione finanziaria può legittimamente accertare maggiori redditi in capo ad un professionista presumendo che questi siano stati conseguiti al termine del mandato professionale.
Per sottrarsi a tale presunzione, il professionista dovrebbe fornire una prova particolarmente rigida mediante, ad esempio, la produzione di copie di diffide ad adempiere o di decreti ingiuntivi nei confronti dei clienti a cui la prestazione terminata si riferisce.
Non è sufficiente, di contro, che il professionista adduca che dalla contabilità non risulti alcuna fattura emessa e alcuno accredito.
Questa interpretazione, di recente ribadita dalla Corte di Cassazione, offre lo spunto per tornare a riflettere sull'ampiezza e la portata dell'accertamento analitico induttivo e sulla natura delle presunzioni che lo legittimano.
di Pierluigi Antonini - Avvocato, Dottore di ricerca in diritto tributario
La giurisprudenza è sempre più severa circa le prove che il professionista può fornire per superare la presunzione di avvenuto incasso dei compensi al termine della prestazione professionale posta alla base delle richieste dell'Amministrazione finanziaria. Proprio di recente, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza...