
Con la pronuncia in rassegna, la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite è intervenuta dirimendo un risalente dibattito afferente la necessità che l'Autorità giudiziaria adita riporti i motivi della sussistenza del periculum in mora a giustificazione della disposizione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca.
La rimessione della decisione del ricorso alle Sezioni Unite, invocato dalla sezione Quinta con l'ordinanza del 2 marzo, si rendeva necessario per la rilevanza di un contrasto interpretativo sulla sussistenza dell'obbligo, in caso di sequestro preventivo di beni ex art. 321, comma 2 c.p.p. finalizzato alla confisca ex art. 240 c.p.p., di motivazione, oltre che sul fumus commissi delicti, anche sul periculum in mora.
All'esito di un ampio iter ricostruttivo ed esegetico, la Suprema Corte ha quindi formulato il principio di diritto per il quale "il provvedimento di sequestro di beni ex art. 321, comma 2, c.p.p., finalizzato alla confisca di cui all'art. 240 c.p., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo della confisca prima della definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege".
di Pietro Rossomando - Avvocato tributarista in Roma
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