
Il reato di "Omesso versamento dell'IVA" previsto dall'articolo 10-ter, D.Lgs. n. 74/2000, pur nella sua fattispecie essenziale, volto a punire il soggetto che omette il versamento dell'imposta sul valore aggiunto già dovuta sulla base della dichiarazione annuale presentata, desta particolare interesse sotto il profilo dell'elemento soggettivo del reato.
Al riguardo, si è pacificamente giunti a ritenere che fosse sufficiente il dolo generico (tanto a differenza della gran parte dei reati tributari per cui è richiesto il dolo specifico di evadere l'imposta) ai fini della configurabilità del reato in argomento, pertanto è sufficiente la coscienza e volontà di omettere il versamento dell'imposta e con essa anche la relativa soglia di punibilità, a ritenere il dolo sussistente; tuttavia, nel tempo, si è passati da un'impostazione rigorista che lasciava poco spazio a vicende soggettive che potevano rilevare ai fini della punibilità a un graduale temperamento ove la condotta dell'agente fosse stata determinata da una crisi di liquidità dovuta a cause non imputabili alle scelte imprenditoriali ma riconducibili a circostanze impreviste ed imprevedibili.
In tale filone si inserisce la recente sentenza del 19 maggio 2022 n. 19651 (data udienza 24/02/2022) emessa dalla Suprema Corte di Cassazione, che pur nel rispetto e condivisione dell'impostazione tradizionalista apre un ulteriore varco pro contribuente, ritenendo rilevante la crisi di liquidità ai fini della punibilità ove questa derivi dal mancato incasso di introiti superiori ad una soglia "non fisiologica", ovvero ove travalichino i limiti del normale rischio d'impresa e superiori ad una determinata percentuale in rapporto al fatturato.
di Rebecca Amato - Avvocato tributarista
Nell'ambito del