
Secondo la Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 23837 depositata il 21 giugno 2022, sussiste il reato di dichiarazione infedele di cui all'articolo 4, D.Lgs n. 74/2000, se il contribuente non dichiara la caparra confirmatoria percepita nell'ambito di una compravendita poi sfumata.
Per i giudici, in seno all'incremento patrimoniale che si verifica a vantaggio della parte non inadempiente, con l'introito della penale, sono state individuate, ai fini tributari, una componente risarcitoria della perdita subita(danno emergente) ed una componente risarcitoria del mancato guadagno (lucro cessante); quest'ultima è assimilata a reddito, e quindi assoggettata ad imposizione diretta.
La somma ricevuta a titolo di caparra è, infatti, sostitutiva del mancato reddito tassabile derivante dalla plusvalenza da cessione immobiliare di cui all'art. 67, D.P.R. n. 917/1986 (TUIR). È quanto affermato, in estrema sintesi, dalla Corte di Cassazione che, con la succitata sentenza, ha respinto il ricorso di un contribuente che, a seguito del contratto preliminare di compravendita di un complesso immobiliare, aveva ricevuto un importo a titolo di caparra.
di Veronica Vitale - Dottore Commercialista in Milano
La disciplina civilistica consente alle parti di inserire nel contratto pattuizioni volte a garantire le parti stesse contro eventualità che potrebbero danneggiarle, come:
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